Fatture ricevute in ritardo e richiami di pagamento ingiustificati
Mario (nome di fantasia) ha acquistato un prodotto su un sito di shop online. Il prodotto gli è stato consegnato per posta qualche giorno dopo, mentre la fattura gli è giunta separatamente diverso tempo dopo, inviatagli da una società di incasso (non quindi dalla società con la quale Mario ha concluso il contratto di acquisto del prodotto) per posta semplice.
Sulla fattura ricevuta da Mario (che peraltro non è datata) è indicato il termine per effettuare il pagamento, tuttavia lo stesso risulta già scaduto da diversi giorni. Per scongiurare il sopraggiungere di richiami di pagamento, Mario si affretta quindi a pagare il prodotto acquistato.
Una decina di giorni dopo Mario riceve però un richiamo di pagamento (sempre per posta semplice), in cui, non solo gli viene intimato di pagare il prodotto (che aveva già pagato tempo prima), ma anche di saldare una somma non indifferente per spese amministrative di fatturazione, spese di richiamo e interessi moratori.
Cosa è opportuno fare nella situazione di Mario? È corretto che a Mario venga chiesto di pagare un’altra volta il prodotto già pagato e che gli vengano addebitate le spese e gli interessi moratori?
In una situazione del genere, la prima cosa che è opportuno fare è quella di chiamare, se esistente, l’hotline della società d’incasso per spiegare l’accaduto e chiedere che il richiamo venga annullato. Di fronte ad un rifiuto di annullamento, le possibilità di azione sono essenzialmente due.
La prima: non si fa nulla e si attende l’eventuale prossimo passo della società d’incasso. In tal caso, presumibilmente la società d’incasso proverà a inviare ulteriori solleciti con ulteriori addebiti di spese e interessi, sperando così d’intimorire il destinatario e di ottenere il pagamento di quanto richiesto. Molto difficilmente si azzarderà però ad avviare una procedura esecutiva (invio di un precetto esecutivo). Ciò, in quanto, oltre al fatto di dover anticipare le spese d’esecuzione, la stessa sa che non avrebbe modo di provare in giudizio il credito millantato. Difatti, avendo inviato i suoi scritti per posta semplice (e non per raccomandata), non potrebbe fornire la prova della data in cui la fattura e i successivi richiami sono stati ricevuti dal destinatario e dunque dell’esistenza di una valida messa in mora del debitore (che renderebbe – eventualmente - giustificata la pretesa delle spese e degli interessi moratori). In queste circostanze nessun giudice le riconoscerebbe il diritto di ottenere il pagamento di spese e interessi moratori.
Quanto poi alla richiesta di pagare una seconda volta il prodotto acquistato, si tratta di una richiesta assolutamente ingiustificata, poiché priva di una causa legittima. Si avrebbe in tal caso titolo per chiedere la restituzione di quanto eventualmente pagato in più, sulla base delle regole dell’indebito arricchimento.
La seconda possibilità di azione è quella di prendere posizione per iscritto nei confronti della società d’incasso:
Sulla fattura ricevuta da Mario (che peraltro non è datata) è indicato il termine per effettuare il pagamento, tuttavia lo stesso risulta già scaduto da diversi giorni. Per scongiurare il sopraggiungere di richiami di pagamento, Mario si affretta quindi a pagare il prodotto acquistato.
Una decina di giorni dopo Mario riceve però un richiamo di pagamento (sempre per posta semplice), in cui, non solo gli viene intimato di pagare il prodotto (che aveva già pagato tempo prima), ma anche di saldare una somma non indifferente per spese amministrative di fatturazione, spese di richiamo e interessi moratori.
Cosa è opportuno fare nella situazione di Mario? È corretto che a Mario venga chiesto di pagare un’altra volta il prodotto già pagato e che gli vengano addebitate le spese e gli interessi moratori?
In una situazione del genere, la prima cosa che è opportuno fare è quella di chiamare, se esistente, l’hotline della società d’incasso per spiegare l’accaduto e chiedere che il richiamo venga annullato. Di fronte ad un rifiuto di annullamento, le possibilità di azione sono essenzialmente due.
La prima: non si fa nulla e si attende l’eventuale prossimo passo della società d’incasso. In tal caso, presumibilmente la società d’incasso proverà a inviare ulteriori solleciti con ulteriori addebiti di spese e interessi, sperando così d’intimorire il destinatario e di ottenere il pagamento di quanto richiesto. Molto difficilmente si azzarderà però ad avviare una procedura esecutiva (invio di un precetto esecutivo). Ciò, in quanto, oltre al fatto di dover anticipare le spese d’esecuzione, la stessa sa che non avrebbe modo di provare in giudizio il credito millantato. Difatti, avendo inviato i suoi scritti per posta semplice (e non per raccomandata), non potrebbe fornire la prova della data in cui la fattura e i successivi richiami sono stati ricevuti dal destinatario e dunque dell’esistenza di una valida messa in mora del debitore (che renderebbe – eventualmente - giustificata la pretesa delle spese e degli interessi moratori). In queste circostanze nessun giudice le riconoscerebbe il diritto di ottenere il pagamento di spese e interessi moratori.
Quanto poi alla richiesta di pagare una seconda volta il prodotto acquistato, si tratta di una richiesta assolutamente ingiustificata, poiché priva di una causa legittima. Si avrebbe in tal caso titolo per chiedere la restituzione di quanto eventualmente pagato in più, sulla base delle regole dell’indebito arricchimento.
La seconda possibilità di azione è quella di prendere posizione per iscritto nei confronti della società d’incasso:
- chiarendo di aver ricevuto la fattura solo a termine di pagamento scaduto e il successivo richiamo quando il prodotto era già stato pagato;
- chiedendo di fornire una prova della data d’invio e soprattutto di ricezione delle loro missive da parte del destinatario e, nell’assenza di tali prove, di annullare ogni richiesta di pagamento;
- indicando che, ad ogni modo, non si è assolutamente intenzionati a pagare più alcunché, in quanto il prodotto è già stato pagato non appena ricevuta la fattura.